domenica 21 maggio 2017

Il presagio del sogno e il regalo del tempo.

C'era un sogno ricorrente che facevo una volta e che di tanto in tanto invadeva le mie notti lasciandomi stravolto al risveglio.
Un sogno tutto mio, che mi coinvolgeva fisicamente e di cui ancora oggi sento i suoni ovattati, gli odori, il coinvolgimento pieno del mio corpo, il senso di pace che mi pervadeva, il sorriso straniato che mi lasciava al risveglio, l'inquietudine che mi accompagnava nel ripensarlo, l'ansia nell'attendere che tornasse.
Un sogno che facevo con una qualche ricorrenza da bambino per poi diventare meno frequente da adolescente fino ad abbandonarmi negli anni.
Mi alzavo in aria e volavo come può fare un'aquila. No, non era volare; non era spostarsi da un punto all'altro volando più o meno velocemente. Piuttosto era come se levitassi.

Non so, perchè non ricordo di averlo mai sognato o forse semplicemente perché non era importante lo ricordassi, come potessi trovarmi lassù, come ci fossi arrivato ma ero li.
Ero in alto, col corpo steso in orizzontale con le braccia e le gambe allargate e fluttuavo sul posto con il corpo che si muoveva lentamente, come potrebbe fare un subacqueo in immersione che ha sotto di se un fondale lontano.
In effetti la prima volta che, mentre ero in immersione, ho guardato il fondale di Linosa a una cinquantina di metri di un'acqua limpida sotto di me, ho avuto un colpo allo stomaco e il fiato si è aggrovigliato in gola mentre il tempo si fermava e il sogno mi confondeva di sensazioni già vissute.
Lassù, in alto, vedevo tutto quello che avveniva e accadeva sotto di me. Sentivo i suoni, gli odori, le parole. Vedevo i bambini giocare e inseguire un cane, una mamma che li chiamava per la colazione, un casolare, un bosco ..... ero testimone del divenire delle cose e delle vite.
Cronista obiettivo della realtà con il privilegio di scegliere il particolare da guardare e ascoltare, potendo vedere il tutto, l'insieme e "comprendendo tutto".
Ho fatto alcune volte questo sogno, spesso a distanza di tempo, ogni volta vedevo dall'alto cose diverse ma sempre vivevo le stesse coinvolgenti sensazioni e sempre guardavo con la fame di sapere, vedere, capire. Planavo ed avevo una sensazione di leggerezza e di gioia. Sensazione fisica "estrema", tanto che mi accompagnava per giorni ed ancora mi segna al pensarla.
Non faccio più questo sogno da tempo e mi sono trovato spesso a rammaricarmene fino a sperare, talvolta prima di addormentarmi, di poterlo rivivere. Da troppo tempo senza risultato: il sogno non è più tornato lasciandomi la nostalgia e la mancanza delle sensazioni fisiche di questa esperienza.
Lentamente però, nel tempo, si è fatta strada dentro di me e nella mia coscienza l'idea che quel sogno potesse essere un presagio, una rappresentazione inconsapevole del mio crescere e del formarsi del mio carattere e di ciò che avrei scelto per me nel futuro, di ciò che sarei stato.
In fondo ognuno di noi sceglie di essere come è. Certo lo fa condizionato dai casi della vita, dalle esperienze che conduce, dall'alternarsi della buona e della cattiva sorte; si potrà persino discutere se avrà avuto margini di scelta più o meno ampi ... ma infine si determina, più o meno liberamente, più o meno consapevolmente.
Oggi mi ritrovo, spesso, a guardare la vita con distacco, cercando di essere il più obiettivo possibile nel dare un giudizio, di avere uno sguardo "dall'alto delle cose" cercandone l'insieme, il divenire, il senso, prima di lanciarmi a capofitto nel particolare e nella passione della scelta. A dire il vero non potrei fare alcuna scelta senza comprenderne il contesto, il senso, le diverse relazioni.
Ho coltivato con tenacia la pazienza di ascoltare, di cercare le ragioni degli altri, anche di chi si dice mio nemico o di quanti non potrei mai condividere nulla e lo faccio normalmente perchè mi aiuta a capire. Ho nutrito della curiosità dolorosa il mio guardare il mondo e provo ogni volta a guardare me stesso come parte di uno scenario con cui interagisco, attore come tanti altri di una delle tante scene in cui si esprime la vita come quelle che sognavo.
Se dovessi usare una metafora per spiegare a me stesso perchè compio delle scelte e in nome di cosa agisco, devo riconoscere che prima di esprimere un giudizio, in effetti, provo ad alzarmi un attimo in volo e cerco di guardare prima lontano, poi intorno, poi dentro.
Non sempre ci riesco, a volte per mia responsabilità altre volte perché non è semplice e non ne sono capace.
So che quando lo faccio mi sento più sicuro e mi accompagna nella scelta un senso di pace e serenità. Lo stesso che mi pervadeva mentre sognavo quel sogno.
I presagi non esistono ma ci aiutano a rappresentarci perchè altrimenti non ci basterebbe una vita a spiegarci il senso di come siamo.
E io, in fondo, ho sempre provato a vivere come mi piacerebbe essere o, forse, come i miei sogni mi hanno nutrito



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